Writing and Travellig. Italia, 19 de junio de 2012
por Giovanni Agnoloni
Amir Valle, nato a Cuba nel 1967, è un autore di fama internazionale. Fondatore e direttore di Otrolunes, rivista di cultura ispano-americana e autore di noir che hanno avuto gran successo in America Latina, Spagna e Germania, oggi ci parla della sua attività di scrittore e di giornalista.
Segue anche il testo spagnolo dell’intervista.
Qual è oggi il senso di una rivista culturale che si propone come una finestra aperta sul mondo culturale latinoamericano?
Nel 2006, quando proposi allo scrittore cubano Ladislao Aguado l’idea di una rivista, ci trovammo d’accordo su un punto: su internet c’erano molte riviste letterarie. Per questo decidemmo che la nostra doveva essere diversa. Così nacque il progetto di realizzarne una in cui gli scrittori riflettessero sulle realtà culturali e politiche dei loro paesi e, più che la risonanza delle loro opere, la cosa importante era che fossero loro, con la loro voce, a parlare dei mondi culturali da cui provenivano. Quest’idea di obbligare lo scrittore a portare alla luce l’intellettuale che molti nascondono dietro le proprie opere è ciò che differenzia OtroLunes da altre riviste. E chiaro, anche la scelta di ciò che pubblichiamo; infatti possiamo vantare di aver già tra i nostri autori la maggior parte dei più prestigiosi scrittori latinoamericani degli ultimi quarant’anni. Credo che a questi due aspetti si debba il prestigio che oggi questa rivista ha in ambito accademico, intellettuale e culturale, in America Latina, negli Stati Uniti e in vari paesi europei, dove OtroLunes è considerata un riferimento imprescindibile per chi studia la letteratura in lingua spagnola.
In che modo la tua attività e ispirazione di autore si intrecciano con la funzione di direttore di una rivista culturale?
Ho sempre detto che non posso separare la mia identità di giornalista da quella di scrittore. Quando vivevo a Cuba tentai di realizzare delle mie pubblicazioni, per concretizzare un sogno: avere uno spazio personale, dove letteratura e giornalismo convivessero in armonia. Fu così che raggiunsi il risultato di pubblicare, nel mio paese, trenta numeri di Letras, una piccola rivista d’informazione letteraria che, appunto, arrivò ad avere 30 numeri su internet, quando ancora a Cuba non esistevano riviste letterarie. La censura finì per imporsi, perché a Cuba è legge che tutte le pubblicazioni siano patrocinate e controllate dallo Stato, e la mia rivista era libera; quando però mi censurarono Letras a Cuba, cercai di realizzare un nuovo servizio informativo che chiamai A título personal e del quale riuscii a produrre soltanto due numeri, perché mi bloccarono la casella di posta elettronica dalla quale inviavo “pillole” d’informazione. Perciò, quando arrivai in Germania, decisi di portare a compimento il mio nuovo sogno, che è OtroLunes: un sogno che si rinnova ogni due mesi, grazie al sostegno di centinaia di amici scrittori, tutti di primissimo piano e di prestigio internazionale, che hanno avuto fiducia in me e con i quali porto avanti la rivista.
Qual è lo stato di vitalità della letteratura in lingua spagnola in America Latina, e quali sono le differenze principali tra questa e quella iberica, oggi?
Ormai sono passati più di cinquant’anni anni, da quando l’Europa e il mondo scoprirono quello che è stato definito il “boom della letteratura latinoamericana”; da allora la letteratura in lingua spagnola vive una stagione di incredibile fioritura. Ogni anno, in ogni paese latinoamericano, emergono nuovi scrittori che danno un rilevantissimo contributo alla letteratura del loro paese, dell’America Latina e della lingua spagnola in genere. Purtroppo, la maggior parte di questi grandi autori non accede al mercato librario internazionale, perché le grandi case editrici tendono a non correre rischi con nuovi nomi, e negli ultimi anni si sono buttati su tanta spazzatura di mediocre livello per “decerebrati”. Per darti un’idea: solo di autori cubani, ogni anno si pubblicano più di 1200 titoli, nell’isola e fuori e, nonostante tutti i problemi economici e culturali della regione, l’America Latina oggi è una delle aree geografiche dove si pubblicano più libri a livello mondiale.
Ci vorrebbero diversi libri per parlarti di questa letteratura e dei vincoli e delle differenze che ha rispetto a quella che si scrive in Spagna. Però, se dovessi menzionare un aspetto che possa accomunare tutte le letterature nazionali latinoamericane, ti direi che è la loro preoccupazione di riflettere il più crudamente possibile i gravi problemi delle nostre società. Così, si può dire che la letteratura latinoamericana di oggi si è trasformata nel cronista più fedele della realtà sociale di questa parte del mondo, forse per confrontarsi con quello che ormai, sfortunatamente, è un fatto: il giornalismo che oggi si fa nei nostri paesi risponde più agli interessi delle classi che dominano questi mezzi di stampa che alla verità che dovrebbero difendere. E la letteratura latinoamericana sta facendo emergere e difendendo le nostre dure verità.
In Spagna, mi duole dirlo, non è così e, anche se con qualche eccezione, la letteratura è diventata un mezzo “ludico”, che si rifà alla realtà solo quando le conviene. Per questo in Spagna si pubblica tanta letteratura di basso livello.
Come traduttore (insieme a Marino Magliani) della raccolta di saggi su Roberto Bolaño Bolaño salvaje (Editorial Candaya), che sarà presto pubblicata in Italia dalla Casa Editrice Senzapatria, mi interesso molto a questo autore cileno. La sua lezione di internazionalismo e contaminazione culturale è sempre vitale, nel mondo di lingua spagnola? Esiste un nesso tra il suo spirito e quello della tua rivista?
Sì, Bolaño è presente; in primo luogo, perché due dei nostri collaboratori più stretti sono stati suoi amici personali, e in varie forme sono rimasti dei suoi “portavoce”, quando è morto: Santiago Gamboa ed Edmundo Paz Soldán [uno dei curatori, insieme a Gustavo Faverón Patriau, della ricordata opera Bolaño salvaje, N.d.T.]; inoltre, perché la rivista è fatta, quasi nella sua interezza, da autori che sono stati contemporanei e colleghi di Bolaño, e che conoscono il suo spirito. Questo, senza dubbio, si è convertito in un’idea vitale alla base dell’atto stesso della scrittura. Lui era convinto che tutto potesse essere al tempo stesso oggetto di burla e di rispetto, e questo è certamente uno dei principi che guidano il lavoro alla base della nostra rivista.
Le tue opere, e in particolare i romanzi della serie “El descenso a los infiernos”, hanno già avuto grande successo non solo in Spagna e in America Latina, ma anche in Germania. Il pubblico italiano ama molto i romanzi noir, e soprattutto quelli che offrono dettagli sociali e umani su mondi locali. Puoi dirci qualcosa di più sui tuoi romanzi, e – se non chiedo troppo – sul nuovo, che uscirà quest’autunno?
Quando scrissi il primo dei romanzi che ricordi non pensavo davvero che mi avrebbe permesso di essere conosciuto a livello internazionale. Fino a quel momento ero uno scrittore molto noto, ma soltanto a Cuba: lì avevo vinto quasi tutti i premi, pubblicavo con le migliori case editrici e lavoravo anche come sceneggiatore per l’unico importante spazio letterario presente nella televisione cubana. Tutti i romanzi della serie sono basati su fatti reali verificatisi nei quartieri di Centro Habana, vale a dire il cuore della capitale del paese. Il primo della serie, Las puertas de la noche, fu pubblicato in Spagna e selezionato come uno dei due romanzi di maggior impatto lì pubblicati nel corso di quell’anno. Il secondo romanzo, poi, Si Cristo te desnuda, ricevette numerose recensioni su tutti i giornali e le riviste culturali spagnoli, con un gran successo di critica; il terzo, Entre el miedo y las sombras, fu uno dei cinque finalisti al Premio Internacional Dashiell Hammett, che ogni anno viene conferito al miglior romanzo noir pubblicato in lingua spagnola; il quarto, Santuario de sombras, vinse il Premio Novelpol dei lettori spagnoli specializzati in romanzi noir, per il miglior romanzo pubblicato nel corso dell’anno; e il quinto, Largas noches con Flavia, ha vinto il Premio Internacional Ciudad de Carmona, uno dei tre premi più importanti del genere noir, in Spagna.
Questi romanzi, poi, sono stati tutti pubblicati in Germania, e adesso è in corso di realizzazione l’edizione tascabile di tutta la serie, e si sta parlando di pubblicare i primi due della serie in Francia e negli Stati Uniti. Insomma, non posso lamentarmi.
Il mio prossimo romanzo si chiamerà Nunca dejes que te vean llorar. È una storia che ruota intorno a una coincidenza storica: il film Il grande dittatore, di Charles Chaplin, ha avuto una forte eco in tre momenti fondamentali della storia del XX secolo, e nella trama del romanzo si intrecciano, nelle tre occasioni ricordate, personaggi celebri come Ernesto Ché Guevara, Charles Chaplin e (in questo caso, sinistramente famosi) Adolf Hitler e Joseph Goebbels, oltre a una giovane neonazista, che è colei che racconta la storia: il tutto, basato su fatti assolutamente reali.
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Entrevista a Amir Valle (de Giovanni Agnoloni)
¿Cual es, hoy, el sentido de una revista cultural que se propone como una ventana abierta sobre el mundo cultural latinoamericano?
En el 2006, cuando propuse al escritor cubano Ladislao Aguado la idea de una revista, coincidimos en algo: había muchas revistas literarias en Internet. Y por eso decidimos que la nuestra debía ser distinta. Así fue que surgió la idea de hacer una revista donde los escritores reflexionaran sobre la realidad cultural y política de sus países y de que, más allá del impacto de sus obras, lo importante es que fueran ellos mismos, sus propias voces, quienes hablaran de sus realidades culturales. Esa idea de obligar al escritor a sacar a la luz al intelectual que muchos esconden detrás de sus obras, es lo que diferencia a OtroLunes de otras revistas. Y claro, la selección de lo que publicamos, pues nos da orgullo decir que en nuestra revista han publicado ya la mayoría de los más importantes escritores latinoamericanos de los últimos cuarenta años. Creo que a esos dos aspectos se debe el prestigio que hoy tiene la revista en el sector académico, intelectual y cultural de América Latina, Estados Unidos y varios países de Europa, donde OtroLunes se considera una publicación de referencia obligada a la obra de estudiar la literatura en lengua española.
¿De qué manera tu actividad e inspiración de autor se entretejen con tu actividad de director de una revista cultural?
Siempre he dicho que no puedo separar al periodista del escritor que soy. Estando en Cuba intenté tener mis propias publicaciones, para cumplir un sueño: tener un espacio propio, personal, donde la literatura y el periodismo convivieran en armonía. Fue así que saqué los 30 números de Letras en Cuba, una pequeña revista de información literaria que llegó a tener 30 números en Internet, cuando todavía en Cuba no existían las revistas literarias. La censura se impuso porque en Cuba es ley que todas las publicaciones sean patrocinadas y controladas por el Estado y mi revista era libre, pero cuando me censuraron Letras en Cuba intenté publicar un nuevo servicio informativo que llamé A título personal y del que sólo logré sacar dos números pues me retiraron el servicio de correo electrónico desde el cual enviaba esas cápsulas informativas. Por eso, cuando puse mis pies en Alemania, decidí realizar mi sueño y eso es OtroLunes, un sueño que cada dos meses se renueva gracias al apoyo de cientos de amigos escritores, todos de primerísimo nivel y prestigio internacional, que han confiado en mí y en quienes llevamos adelante la revista.
¿Cuál es el estado de vitalidad de la literatura en castellano en Latinoamérica, y cuales son la diferencias principales entre esta y la de España, hoy?
Hace más de 50 años ya, cuando Europa y el mundo descubrieron lo que se llamó “boom de la literatura latinoamericana”, que la literatura en lengua española vive un florecimiento realmente asombroso. Cada año, en cada país de Latinoamérica, surgen nuevos escritores con asombrosas aportaciones a la literatura de su país, de América Latina y de la lengua en general. Lamentablemente, la mayor parte de esos grandes escritores no llegan al mercado internacional del libro, porque las grandes editoriales no suelen arriesgarse con nuevos nombres y, por desgracia, en los últimos años están volcados de llenos a publicar mucha basura mediocre para descerebrados. Para que tengas una idea: sólo de autores cubanos cada año se publican más de 1200 títulos en la isla y el exilio, y a pesar de todos los problemas económicos y culturales de la región, Latinoamérica es hoy una de las zonas geográficas donde más libros se publican en todo el mundo.
Necesitaría varios libros para hablarte de esa literatura y de los vínculos y diferencias que tiene con la literatura que se escribe en España. Pero si tuviera que nombrar un aspecto en el que parecen estar unidas todas las literaturas nacionales de América Latina, te diría que es en su preocupación por reflejar lo más crudamente posible los graves problemas sociales de nuestras sociedades. De modo que puede decirse que la literatura latinoamericana actual se ha convertido en el más fiel cronista de la realidad social de esa parte del mundo, quizás para enfrentarse a lo que ya, desgraciadamente, es un hecho: el periodismo que hoy se hace en nuestros países responde más a los intereses de las clases que dominan esos medios de prensa que a la verdad que debieran defender. Y la literatura latinoamericana está sacando a la luz y defendiendo nuestras duras verdades.
En España, lamentablemente, no es así y, con excepciones, la literatura se ha convertido en un medio de juego que utiliza la realidad sólo cuando le es conveniente. De ahí que se publique en España tanta mala literatura.
Como traductor (junto con Marino Magliani) de la colección de ensayos sobre Roberto Bolaño Bolaño salvaje (Editorial Candaya), que va a ser publicada en Italia por la Editorial Senzapatria, me intereso mucho por el autor chileno Roberto Bolaño. ¿Su lección de internacionalismo y contaminación culturales está todavía vital en el mundo hispanohablante? ¿Hay una relación entre su espíritu y el de tu revista?
Sí, Bolaño está presente; en primer lugar, porque dos de nuestros más cercanos colaboradores fueron amigos personales de Bolaño y de muchos modos quedaron como sus “voceros” cuando murió: Santiago Gamboa y Edmundo Paz Soldán; y segundo, porque la revista está hecha en casi su totalidad por quienes fuimos colegas generacionales de Bolaño y conocemos su espíritu que, sin lugar a dudas, se convirtió en un concepto vital para enfrentarse al acto mismo de la escritura. Ese criterio suyo de que todo puede ser objeto de burla y reverencia al mismo tiempo es, por cierto, una de las guías para el trabajo de nuestra revista.
Tus obras, y especialmente las novelas de la serie “El descenso a los infiernos”, ya han obtenido gran éxito no solo en España y Latino-América, sino también en Alemania. El público italiano ama mucho las novelas negras, y sobre todos las que ofrecen detalles sociales y humanos sobre mundos locales. ¿Puedes decirnos algo más sobre tus novelas, y – si no pido demasiado – sobre la nueva, que va a salir este otoño?
Cuando escribí la primera de esas novelas que mencionas no pensé jamás que sería mi salto al reconocimiento internacional. Hasta ese momento yo era un escritor muy conocido, pero sólo en Cuba: había ganado allá casi todos los premios, publicaba en las mejores editoriales, e incluso trabajaba de guionista para el único espacio literario importante que había en la televisión cubana. Todas las novelas de la serie están basadas en casos reales ocurridos en los barrios de Centro Habana, es decir, el corazón de la capital de mi país. La primera de la serie Las puertas de la noche se publicó en España y fue seleccionada como una de las dos novelas más impactantes publicadas ese año en España; al año siguiente, la segunda novela, Si Cristo te desnuda, fue ampliamente reseñada por todos los periódicos y revistas culturales españolas con gran éxito de crítica; la tercera, Entre el miedo y las sombras, compitió entre las cinco finalistas al Premio Internacional Dashiell Hammett que se otorga cada año a la mejor novela negra publicada en la lengua española; la cuarta, Santuario de sombras, ganó el Premio Novelpol de los lectores especializados en novela negra de España a la mejor novela publicada ese año, y la quinta, Largas noches con Flavia, ganó el Premio Internacional Ciudad de Carmona, uno de los tres premios más importantes del género negro en España.
Conjuntamente, esas novelas se han ido publicando todas en Alemania, ahora se está haciendo la edición de bolsillo de toda la serie y ya se negocia la salida de las primeras dos de la serie en Francia y Estados Unidos. Es decir, no puedo quejarme.
Mi próxima novela se llamará Nunca dejes que te vean llorar y es una historia que gira en torno a una coincidencia histórica: la película El gran dictador, de Charles Chaplin, tuvo fuertes resonancias en tres momentos históricos vitales para la Historia (con mayúsculas) del siglo XX y en la trama de esa novela están relacionados, en esos tres tiempos novelados, personajes tan destacados como Ernesto Ché Guevara, Charles Chaplin, y (tenebrosamente destacados) Adolfo Hitler y Joseph Goebbels, además de una joven neonazi que es la que cuenta la historia, todo basado en hechos absolutamente reales.